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RISVOLTI POETICI

 

La linea decisa e sottile di Giovanni Confeggi si muove con la flessuosità e la grazia di un felino, a cui è stato dato il compito di togliere e non aggiungere, per lasciare cadere i gravami plastici.

Figure femminili che si vanno ad asciugare nel tempo, nell’esistenza dell’essere, in una ricerca pittorica volta alla condensazione estrema e silenziosa. Atmosfere sospese, episodi del quotidiano non semplici, bensì travagliati che penetrano nella nostra anima.

Gli attimi delle emozioni e dei sentimenti sono raffreddati, contrastando con il clamore delle emulsioni cromatiche che le avvolgono e si stagliano sulle loro forme di vita.

L’ossessiva lettura dai volti ci racconta piccoli drammi personali e atemporali, rendendoci partecipi empaticamente ad emozioni bloccate, ad azioni subite. Non c’è scelta nella trama esistenziale di queste donne, sono state gettate nel mondo e lì levitano nella contemplazione del nulla e nella tristezza che le isola dagli altri. Sono come attori su un palcoscenico in cui al clamore della vita hanno preferito il silenzio e allo spettacolo del mondo la pausa.

Donne contemporanee dalla sensualità discreta e sempre contenuta all’interno di salde curve e superfici che resistono ad una qualsiasi penetrazione dello sguardo. Membrana di difficile accesso da parte dell’uomo, il quale cerca di scrutarne gli abissi sebbene ne rimanga distante, conscio della sua diversità.

Le carnosità eccessive, le sinuosità della femminilità eterea si dissipano lasciando il posto a “maschere” raffinate che stendono sui loro volti e che poggiano sui nostri per coinvolgerci nell’intimità arcana.

Sono donne che cercano amore, che si disperano gettandosi nell’ebbrezza dei profumi di tabacco, nell’insidioso specchio e nel velenoso alcool, antidoto contro il dolore.

Essenza di donna, aromi d’Arabia, occhi languidi, labbra carnose e di vermiglio rivestite, ecco le donne di Giovanni Confeggi, tutte quasi assenti ma al contempo delicate e lacerate nell’animo.

Un senso di abbandono e di tristezza - tuttavia - ben lungi dal pensarlo sterile e svuotato di significato; in quanto si accompagna ad un tacito dialogo che le donne intraprendono con l’altro diverso da sé. Ora lo sguardo può sfuggire, dirigendosi verso qualcosa a noi sconosciuto, oppure interrogarci per una speranza. Ne nasce così un risvolto poetico fra chi guarda e chi è guardato, per scorgere in questo anfratto un ardente desiderio di felicità.

Alla fine di questo nostro intimo viaggio possiamo affermare di aver imparato dai silenzi e dalle pause di queste donne ad amare e a pensare, a stargli accanto senza aver paura.

 

Sonia Patrizia Catena